Bioterapia Nutrizionale nelle disfunzioni gastroduodenali

Introduzione

I disturbi della funzionalità gastrica e duodenale costituiscono il banco di prova più severo ed impegnativo per il medico nutrizionista che utilizzi gli alimenti come strumento terapeutico di guarigione. Nei pazienti affetti da patologie di questo tratto dell’apparato digerente, una diagnosi etiologica precisa faciliterà la strategia nutrizionale e permetterà di operare le scelte più idonee. Non solo, ma in questo capitolo, più che negli altri, si vedrà come la digeribilità di un alimento dipenderà dal modo in cui verrà proposto, traducendosi immediatamente in miglioramento o peggioramento della sintomatologia. Essendo il sistema digerente un tutto unico con le sue ghiandole ed i suoi annessi, è evidente che un disturbo ad un qualsiasi livello, si manifesterà con sintomi a monte e a valle dello stesso. Per esempio, avremo la bocca pastosa e patinosa in caso di stipsi, la diarrea gialla nei disturbi del pancreas, le feci scomposte e ipercromiche nelle discinesie biliari o la bocca amara nelle difficoltà epatiche. Non è infrequente trovare una disfunzione del fegato o del pancreas all’origine di molte gastralgie, che potranno essere risolte soltanto con adeguati trattamenti bionutrizionali direttamente mirati a risolvere i fattori causali. Una riflessione particolare merita l’ipotesi etiologica delle gastriti da Helicobacter pylori, che negli ultimi anni ha entusiasmato molti gastroenterologi ed ha contribuito a rendere esageratamente frequente sia la prescrizione di antibiotici che la pratica, non sempre priva di conseguenze, della gastroscopia. Poiché in Medicina l’unica vera diagnosi etiologica è stata ed è, tutt’ora, quella infettiva, dopo aver rinvenuto il suddetto microrganismo nello stomaco di pazienti gastropatici, si è ritenuto, a nostro avviso semplicisticamente, di aver trovato la terapia risolutiva mediante un trattamento antibiotico. In effetti, oggi, la frequenza delle recidive nei soggetti trattati, oltre agli effetti collaterali dei farmaci impiegati, ha indotto a qualche ripensamento.
Alla luce dei risultati conseguibili in questa patologia con la Bioterapia Nutrizionale, è ragionevole supporre che l’Helicobacter pylori possa costituire un ospite abituale della mucosa gastrica, magari utile come tanti altri microrganismi saprofiti del lume intestinale. Quando poi, per una qualsiasi ragione, si verifica uno stato cronico di congestione, irritazione o lesione della parete gastrica, si creano le condizioni ideali per una replicazione batterica responsabile del peggioramento della sintomatologia. L’innegabile e momentaneo miglioramento che si ottiene con la terapia antibiotica potrebbe essere conseguenza della riduzione numerica delle colonie batteriche, ma non il risultato della eliminazione delle cause scatenanti la patologia. Non intervenendo, quindi, sulle cause reali della patologia, la maggior parte dei pazienti troppo spesso ripresenta la sintomatologia originaria dopo un periodo di tempo variabile da individuo ad individuo. In linea con la filosofia di questo volume introduttivo alla Bioterapia Nutrizionale, questo capitolo non tratterà in modo esaustivo le singole patologie gastro-enteriche, ma avrà lo scopo di segnalare e discutere le soluzioni nutrizionali adeguate per i soggetti affetti da queste patologie, fornendo indicazioni utili per i pazienti e, soprattutto, per il medico. A partire dalla nostra esperienza cercheremo di rispondere ad un quesito assillante che tormenta tutti i gastropatici ed i loro medici: che cosa mangiare o evitare quando c’è il mal di stomaco?
Su questo argomento esiste in letteratura una notevole confusione, ragion per cui, spesso, il medico è costretto a somministrare cronicamente dei gastroprotettori, degli antiacidi o degli inibitori delle cellule antrali produttrici di acido cloridrico, senza però risolvere mai alla radice il problema del suo paziente, costringendolo, perciò, ad una alimentazione, cosiddetta “in bianco” molto restrittiva e spesso poco gratificante. In realtà, non basta individuare le categorie alimentari che devono essere rigorosamente evitate in fase acuta di malattia, ma è necessario conoscere le notevoli differenze bionutrizionali che caratterizzano i singoli quadri patologici e l’adeguata associazione di cibi che non determini ulteriore irritazione delle mucose, permettendo l’azione dei fisiologici, spontanei e naturali processi riparativi. La prima stazione di permanenza del cibo, dopo la cavità orale è lo stomaco. Qui, gli alimenti, preventivamente elaborati dai processi di masticazione e sottoposti ad una predigestione ad opera degli enzimi salivari, vengono scissi e indirizzati verso il loro specifico destino metabolico. Ogni alimento ha un suo individuale percorso digestivo che bisogna conoscere per organizzare una efficace Bioterapia Nutrizionale nei disturbi e nelle patologie degli organi deputati alla digestione. L’alcool, ad esempio, viene direttamente assorbito dalla parete dello stomaco e, in pochi secondi, passa nel sangue; anche gli zuccheri hanno un transito gastrico abbastanza veloce, in quanto sono sostanze chimicamente semplici, ma spesso sono responsabili di bruciori gastrici o di vere e proprie gastralgie poiché stimolano la produzione di acido cloridrico; le proteine, invece, devono essere attaccate e destrutturate in molecole più semplici come gli aminoacidi; i grassi, infine, sono nutrienti che richiedono una lunga e lenta elaborazione e necessitano di una ottimale e sinergica funzionalità dei succhi gastrici, pancreatici ed epato-biliari.

Gastriti con iperacidità

Cause più frequenti di gastralgie

Le gastralgie possono essere, molto spesso e molto semplicemente, conseguenza di cattive abitudini alimentari che vanno identificate e corrette. L’uso, o, peggio ancora, l’abuso di alcool e di tabacco è responsabile di varie patologie dell’apparato digerente, con meccanismi in parte metabolici ed in parte irritativi, tanto più, nel caso dell’alcool, se la bevanda è di qualità scadente. Allo stesso modo, l’impiego di alimenti troppo caldi o troppo freddi e, più frequentemente, l’abitudine di mangiare in fretta, senza masticare adeguatamente, sono sovente alla base dei disturbi gastrici e digestivi . In questo ultimo caso, il cibo non viene predigerito a sufficienza dagli enzimi salivari ma, soprattutto, arriva nello stomaco poco frammentato e richiede più tempo per essere degradato dall’acido cloridrico. Quest’ultimo, perciò, verrà secreto in maggiore quantità, per rispondere alle esigenze del momento, realizzando un’ipercloridria, mentre la maggiore permanenza dell’impasto acido all’interno del lume gastrico finirà per danneggiare il trofismo della mucosa. Non dobbiamo, inoltre, dimenticare che alcune categorie di alimenti, come l’alcool, il caffè, il cioccolato, la menta, alcune spezie e cibi ricchi in grassi idrogenati, possono ridurre il tono dello sfintere esofageo inferiore (SEI); oppure, altri come quelli ricchi in proteine, aumentare il tono del suddetto sfintere. Gli alimenti, invece, molto acidi, ricchi in grassi o ricchi in fibre alimentari a frazione solubile rallentano lo svuotamento gastrico. Al contrario, i cibi ricchi in fibre alimentari a frazione insolubile, come la cellulosa, accelerano lo svuotamento gastrico, mentre le bevande gassate aumentano impropriamente la distensione dello stomaco. Queste conoscenze saranno preziose nell’approntare un intervento di Bioterapia Nutrizionale nelle patologie dell’apparato gastroenterico. Spesso vengono oggi diagnosticate gastropatie iatrogene, sia per farmaci assunti direttamente per via orale, sia per quelli somministrati per altre vie, ma che hanno comunque una ripercussione negativa a livello dello stomaco. I più conosciuti sono l’aspirina, alcune categorie di antinfiammatori non steroidei, alcuni chemioterapici ed i cortisonici veri e propri. Discorso a parte meritano tutte le gastralgie che derivano da disfunzioni epato-biliari e pancreatiche. Dallo stomaco, l’alimento passa nel duodeno, dove viene attaccato dai sali biliari e dal secreto pancreatico. Quando questi meccanismi sono rallentati o non sono adeguati, la permanenza nel lume gastrico si prolunga, generando una sofferenza locale. In queste circostanze è controindicato l’uso di latte e latticini che, dopo un immediato effetto tampone sull’acidità gastrica, provocherebbero un’ipersecrezione gastrinica di rimbalzo per il loro contenuto in calcio e sali minerali. Presentano questo meccanismo etiopatogenetico tutte quelle gastralgie (statisticamente più frequenti) che si manifestano in primavera e in autunno, tormentando il malato per anni fino a trasformarsi in ulcera permanente o esaurirsi misteriosamente ad una certa età: sono le gastralgie da disfunzione epatica sub-clinica che si osservano in soggetti predisposti, il cui fegato si fa “sentire” in questo modo nei cambi di stagione. E’ ovvio, ci sembra, che in queste patologie, né batteriche, né virali, l’intervento farmacologico appaia del tutto ingiustificato, potendosi risolvere il disturbo semplicemente correggendo le modalità di alimentarsi.

Iperacidità

Uno dei disturbi più comuni a carico dello stomaco è l’eccesso di acidità, cui si associano una serie di sintomi che possono variare dal bruciore alla pesantezza, dalla pirosi sporadica ai disturbi da reflusso gastroesofageo, spesso complicato da lesioni della mucosa dell’esofago. Questi fastidi possono essere saltuari o continui, nel qual caso vanno praticate tutte quelle indagini diagnostiche, a partire dalle meno invasive per finire, ove se ne ipotizzi la necessità, con quelle più complesse (indagini ematochimiche, radiografia, gastroscopia, ecc.) che consentano di scongiurare od evidenziare lesioni ulcerative gastroduodenali, processi irritativo-infiammatori cronici della mucosa e patologie neoplastiche. Un luogo comune molto difficile da combattere e sfatare è quello di utilizzare una sostanza alcalina come soluzione terapeutica di urgenza ad una condizione di iperacidità. Poiché nello stomaco il pH è normalmente 2, quando c’è un eccesso di acido si pensa istintivamente a modificarlo con un tampone alcalino; per intenderci, il classico bicchiere di acqua e bicarbonato di sodio, ritenendo che questo possa risolvere il problema. Questa insensata abitudine è responsabile della evoluzione verso forme ulcerative patologiche di tante iperacidità legate inizialmente solo a cattive abitudini alimentari. Si dimentica troppo facilmente che i processi biochimici che avvengono all’interno di un organismo umano non sono paragonabili a quelli che possiamo osservare in una provetta di laboratorio. Quando il pH dello stomaco viene violentemente portato da 2 a 7, infatti, si ha uno stimolo alla peristalsi, con svuotamento immediato, e conseguente illusorio sollievo del bruciore e dell’acidità: la condizione dell’ambiente gastrico, però, non è più fisiologica, in quanto alcalina, ragion per cui le cellule antrali, deputate alla produzione di acido cloridrico, sono stimolate intensamente, ricreando e peggiorando la condizione di partenza. Una soluzione di emergenza, dall’effetto immediato, è quella di utilizzare un alimento molto acido, in piccola quantità relativamente alla quota liquida e, soprattutto, privo di zuccheri. La scelta di un frutto crudo è quanto di peggio si possa fare, poiché la sua acidità è sempre associata ad una importante percentuale di acqua e di fruttosio; quest’ultimo, in ambiente acido, produrrebbe una immediata fermentazione con gonfiore gastrico, pericolo di eruttazioni acide e, in ogni caso, aumento del dolore. Il succo di limone puro, invece, nella quantità di due-tre cucchiai da tavola, è sufficiente per aumentare l’acidità dello stomaco quel tanto che basti a provocare una contrazione con svuotamento verso il duodeno, dove i bicarbonati pancreatici provvederanno a tamponare efficacemente il pH. La differenza rispetto all’uso del bicarbonato di sodio consisterà nel fatto che l’ambiente dello stomaco rimarrà moderatamente acido e le cellule HCl-secernenti non saranno attivate in modo improprio come nel caso precedente. E’ evidente che questa è una soluzione momentanea di emergenza, utile durante un episodio occasionale. Allo stesso modo può tornare utile assumere il succo di mezzo pompelmo spremuto.

Modalità di cottura nelle gastriti

Prescindendo per ora dagli alimenti più o meno indicati in caso di gastralgie, è fondamentale comprendere come la modalità di cottura incida in modo significativo sulla digeribilità, fattore importantissimo nelle patologie gastriche, nelle quali la difficoltà si traduce immediatamente in un peggioramento della sintomatologia. Si vedrà come uno stesso alimento possa costituire fonte di benessere generale se proposto cotto e di dolore gastrico se ingerito crudo, o viceversa.
Minestroni - Chiunque abbia avuto una indisposizione gastrica con iperacidità o vomito sa, per esperienza diretta, che l’ingestione di liquidi peggiora immediatamente le sue condizioni. A nostro avviso, infatti, l’uso dei minestroni, in queste condizioni, è rigorosamente proibito, mentre spesso tali preparazioni vengono consigliate come alimenti preferenziali, altamente digeribili, senza dare poi il risultato che ci si aspetta. Le pietanze con liquidi in eccesso, i brodi, soprattutto di carne, e i minestroni dovranno essere banditi dall’alimentazione di un gastropatico. Il brodo di carne, da solo, costituisce un potente stimolatore della secrezione di acido cloridrico, mentre i minestroni di verdure hanno un contenuto in cellulosa che, insieme con l’imbibizione generale, provocherebbe un’ eccessiva stasi nel lume gastrico, con aumento della sofferenza. In generale, quanto più un alimento è asciutto e destrutturato dalla masticazione, tanto più facilmente sarà attaccato e degradato dai succhi enterici, con sensazione di leggerezza e riduzione dei tempi digestivi. Infatti, la stessa pasta o riso saranno tanto più digeribili, quanto più la loro cottura sarà al dente, condizione che presuppone una minore esposizione all’acqua di bollitura, con conseguente minore imbibizione liquida da parte sia della pasta che del riso stesso: pasta e riso, passati di cottura, rappresentano un alimento più difficilmente aggredibile dai succhi gastrici a causa di un’eccessiva percentuale d’acqua assorbita. Molte sono le persone che hanno sperimentato quanto dolorosa e difficile sia l’indigestione d’acqua. E’ un errore, quindi, credere che quanto più la pasta o il riso siano cotti, o addirittura scotti, tanto più essi siano digeribili. Al contrario, tanto più saranno al dente, tanto più richiederanno una masticazione prolungata che predigerirà l’alimento avviandolo ad una migliore utilizzazione nello stomaco. A volte ci troviamo a dover affrontare dei vomiti di una certa entità, che coesistono con una sete incoercibile nell’impossibilità di bere, pena la ripresa dei conati di vomito. In questi casi, l’unica soluzione possibile, in attesa del miglioramento gastrico, è quella di inumidire continuamente la mucosa orale con un sorso d’acqua, addizionata di poche gocce di limone, ma senza deglutirlo ed eliminandolo dopo pochi secondi, in modo da realizzare uno spegnimento dell’arsura ed un assorbimento diretto dei liquidi, lento e graduale, da parte della suddetta mucosa, senza coinvolgere lo stomaco.
Alimenti lessi - A parte alcune eccezioni, quali la zucchina, il finocchio e la lattuga bolliti, conditi con olio extravergine d’oliva e aceto, di solito ben tollerati dai gastritici, gli alimenti bolliti presentano le stesse controindicazioni precedentemente citate. Molte verdure, infatti, a causa della cottura in acqua, manifesteranno una maggiore biodisponibilità dei loro zuccheri, con aumento dei fenomeni fermentativi all’interno del lume gastrico; così come, tutti gli alimenti imbibiti di olio (verdure trifolate) o di altri lipidi, (grassi di maiale, ad esempio, presenti nelle patate cotte al forno insieme con le salsicce) rallenteranno lo svuotamento gastrico e provocheranno un peggioramento della sintomatologia clinica.
Alimenti ripassati e in pastella - Molte verdure a foglia, improponibili crude, saranno tollerate quando verranno proposte ripassate in padella con olio extravergine d’oliva, aglio e peperoncino. L’eliminazione totale della quota idrica presente nelle verdure bollite, operata dalla frittura, insieme con lo stimolo colecistico dell’olio bollente, presente in quantità modesta, rende accettabili al gastritico molti alimenti proposti secondo questa modalità nella quale il peperoncino, usato con moderazione, stimolerà le capacità digestive.
Anche la cottura in pastella presenta alla mucosa gastrica un alimento disidratato e scarsamente imbibito dall’olio d’oliva, in virtù della pellicola protettiva realizzata con l’involucro di pastella. Per la stessa ragione, vedremo come la carne, notoriamente dotata di azione stimolante la mucosa gastrica, e perciò irritante, diviene molto più digeribile quando viene proposta panata, secondo una modalità di cottura abbastanza simile alla pastella.
Alimenti fritti - Ad eccezione di casi clinici particolari e di alimenti controindicati per loro specifiche caratteristiche, il fritto come modalità di cottura ha tutti i requisiti per essere indicato in caso di difficoltà della funzionalità gastrica. L’alimento fritto subisce uno shock termico violento ma di breve durata, che non altera le sue strutture interne, in virtù della pellicola lipidica di protezione che si forma appena viene immesso in olio extravergine d’oliva bollente. La stessa pellicola evita la penetrazione dell’olio in profondità, per cui l’imbibizione lipidica è ridotta al minimo e, per l’elevata temperatura, la perdita della quota di acqua è totale.
Alimenti fritti-dorati - Se il fritto è generalmente indicato, non così il fritto-dorato. Infatti, la presenza dell’uovo a diretto contatto con l’olio bollente condiziona un maggiore assorbimento di olio e la denaturazione delle sue proteine, con rallentamento dei tempi digestivi. Inoltre, se lo stimolo del fritto viene sopportato dalla mucosa gastrica, che si gioverà della maggiore velocità di svuotamento, il fritto dorato esplica un’azione francamente irritativa e di contrazione energica delle vie biliari. Pertanto, sarà prezioso nei pazienti affetti da ipocinesia delle vie biliari, ma tenderà ad aggravare una gastralgia preesistente.
Frittata - Normalmente la frittata, soprattutto con aggiunta di verdure, costituisce una preparazione alimentare controindicata nelle patologie gastriche. La parte proteica del tuorlo e, soprattutto, dell’albume viene totalmente denaturata dal calore e trattiene buona parte dell’olio di cottura. Se si considera il ruolo negativo svolto dalla cellulosa di una verdura aggiunta (e la complessità strutturale del parmigiano, per chi avesse l’abitudine di aggiungerlo nelle frittate, che diventano, in tal modo, di difficile digestione), si comprenderà il peggioramento della sintomatologia gastrica, secondaria al suo impiego.

Alimenti controindicati nelle gastriti

Esistono alimenti che per loro natura sono dannosi nelle patologie gastriche; altri lo possono diventare se proposti in modo improprio; altri ancora lo diventano solo se associati male o preparati secondo modalità di cottura non idonee. In questo paragrafo ci occuperemo dei primi due gruppi, riservando al terzo una trattazione a parte. In linea generale, quanto più un alimento è completo e conserva l’integrità nutrizionale di cui la natura lo ha dotato, tanto più è complesso e prezioso per la ricchezza del suo patrimonio vitale. Per la stessa ragione, richiederà una efficienza dei meccanismi digestivi, che lo renderanno controindicato nelle gastralgie, dove detti meccanismi sono alterati.
Frutti di mare e uova - Tutti i gastritici cronici sanno, per averne fatto la dolorosa esperienza, che l’ingestione dei frutti di mare in qualsiasi forma provoca una riacutizzazione immediata dalla sintomatologia gastrica, a volte molto grave in quanto le proteine di cui sono dotati sono tra le più difficili da digerire per i cofattori, i micronutrienti ed i minerali cui sono legate. Stessa esperienza negativa si verifica con l’uovo crudo, anch’esso espressione di una potentissima unità vitale completa, la cui componente proteica, come quella della carne cruda, è in grado di esercitare un potente stimolo ipersecretivo a carico della mucosa gastrica. Già l’uovo al piatto (al vapore) o alla coque servito con limone, diventano meno problematici, in quanto si attenua l’azione irritante dell’albume crudo e manca l’imbibizione lipidica da parte dell’olio. L’uovo fritto manifesta in forma ridotta le controindicazioni della frittata e l’uovo sodo è dannoso per la totale denaturazione proteica, per la notevole imbibizione di acqua e per lo sviluppo di solfuri irritanti, dal caratteristico colore verdastro intorno al tuorlo, spesso dovuti ad una impropria cottura a temperatura superiore ai 100° C. Anche l’uovo in camicia presenta una digeribilità minore rispetto all’uovo alla coque o al piatto.
Legumi e funghi - I legumi costituiscono delle unità vitali complete, ricche di proteine vegetali e di zuccheri complessi. Normalmente il gastropatico mal li sopporta, meno che mai quando sono associati con la pasta, in quanto si avrebbe un potenziamento dei fenomeni fermentativi per l’eccesso di carboidrati, aggravati dal rallentamento digestivo causato dai due tipi di proteine vegetali, che hanno processi digestivi diversi: quelle dei legumi e quelle della pasta rappresentate dal glutine. Molto meglio riso e legumi, per una donna gravida, per esempio, affetta da iperacidità, in quanto l’eccesso di zuccheri non si somma alla varietà di proteine, ovviamente a condizione di non associare una proteina animale nello stesso pasto. Anche i funghi sono una categoria di alimenti proibiti in corso di gastralgia, per la loro ricchezza in proteine vegetali e per la micosina, una specie particolare di cellulosa indigeribile ed aggressiva a carico delle mucose gastro-duodenali. Inoltre, il loro contenuto in ferro potenzia ulteriormente l’effetto irritante.
Latte e latticini - Mentre i formaggi e i latticini sono alimenti proibiti nelle gastriti iper-acide, il latte spesso è ben sopportato, a condizione che sia freddo e che non venga proposto in fase acuta. Il latte, infatti, se caldo, nell’ambiente acido dello stomaco tende a cagliare, formando un grosso coagulo, che rischia di aumentare l’acidità, per l’ipersecrezione gastrinica provocata dal contenuto in calcio, e di bloccare la progressione verso il duodeno, per la difficoltà ad essere destrutturato a causa anche della ricchezza in grassi. Un modo gradevole di predigerire questo prezioso alimento è quello di farlo assumere aggiungendo qualche goccia di limone o una modica quantità di succo d’arancia e di proporlo a temperatura ambiente, in modo da non creare ulteriore congestione della mucosa infiammata con temperature troppo calde o fredde. Solo nelle ulcere duodenali si crea un meccanismo pancreatico di digestione dei lipidi del latte che rende questo alimento utile per tamponare in alcalino l’eccesso di acidità. Discorso a parte merita il Parmigiano Reggiano, che costituisce l’unico formaggio che, per il rigoroso e rigido disciplinare che ne regola i procedimenti di caseificazione (essendo prodotto da latte esclusivamente di pascoli selezionati e cagliato da caglio esclusivamente animale, derivante da stomaco di agnelli che non hanno mai assunto altro che latte materno), racchiude in sé tutti gli enzimi delle iniziali e primitive attività digestive, ragion per cui è di giovamento nelle patologie gastriche.
Antiossidanti - Una considerazione specifica riguarda gli alimenti ricchi di sostanze antiossidanti, come peperoni, melanzane, kiwi, melograni e tutti i frutti di bosco. Per il loro potere di liberare la tossicità tessutale, aumentandone la quota circolante, questi alimenti impegnano intensamente la funzionalità epatica e renale e aggravano la condizione metabolica già precaria del paziente gastropatico. Un’azione irritante diretta a carico delle mucose digestive viene poi svolta dalla vitamina C contenuta in percentuali variabili, dal ferro e da altre sostanze ad azione eccitante di cui tutti questi frutti sono ricchissimi, quali acidi organici ed antociani . Particolarmente controindicate nelle gastriti iperacide con rischio di lesioni ulcerose, sono le fragole che possono favorire o far aumentare il sanguinamento, a causa della loro azione fluidificante e dei loro salicilati, oltre ad avere un’ azione irritante per il loro contenuto in ferro e vitamina C. Ovviamente, per i motivi che le rendono pericolose nelle gastriti iperacide saranno invece preziose nelle gastriti atrofiche, condizioni cliniche che richiedono una stimolazione della produzione di acido cloridrico, ed un effetto antinfiammatorio esplicato dai suddetti salicilati.
Verdure - Le verdure crude in generale sono mal sopportate dai gastritici, sia per l’azione negativa svolta dalla loro cellulosa sulla parete gastrica, sia per l’acqua di vegetazione che contengono; inoltre, la presenza di specifici nutrienti, quali il ferro contenuto nel radicchio, nell’indivia belga, nella scarola, nel carciofo crudo e negli spinaci, o la sedanina e lo iodio contenuti nel sedano, o gli antociani del cavolo cappuccio rosso e del ravanello, o la solanina del pomodoro verde, rappresenta un’ulteriore aggravio delle funzioni digestive . Sconsigliabili sono, allo stesso modo, altre crucifere come verza, broccoli, broccoletti e rucola, per il loro contenuto in iodio, zinco, rame e per il loro stroma compatto. Fa eccezione, invece, il cavolo cappuccio bianco (tipo alba) che, per la sua ricchezza in gefarnato, mangiato crudo o centrifugato, stimola lo stomaco a produrre muco protettivo. In quantità variabile, tutte le verdure contengono cellulosa. Questa è una struttura glicidica complessa che svolge un’azione irritativa a carico delle mucose del tratto digerente, tanto da essere sfruttata efficacemente in caso di stitichezza. Essendo composta di zuccheri, la sua destrutturazione è laboriosa, quindi aggrava il paziente gastropatico. Le verdure utilizzabili dovranno essere sempre povere in cellulosa e rigorosamente cotte (di solito il paziente sa già per esperienza diretta che le insalate crude peggiorano la sua condizione), in modo da avere una destrutturazione marcata di questa sostanza stromale, che viene trasformata in zuccheri semplici più assimilabili.
Alimenti ricchi di zuccheri - Fra tutti gli alimenti, quelli zuccherini sono certamente i peggiori nemici nella gastrite. In fase acuta devono essere evitati totalmente, poiché in ambiente acido provocano immediata fermentazione, distensione del lume e aumento dell’intensità del dolore. Questo meccanismo negativo viene potenziato dall’assunzione di alimenti molto ricchi in zuccheri semplici e contemporaneamente acidi, come la frutta cruda. Ricordiamo l’effetto negativo dell’uva, su molti soggetti anche non francamente gastritici, con la sua alta percentuale di acqua, dolce ma estremamente acida; delle ciliegie ricche di ferro, fruttosio e acidi organici; della mela cruda, la cui fermentazione può provocare rigurgiti acidi e distensione gastrica; dell’ananas che, in virtù del suo contenuto in bromelina, svolge un’azione proteolitica a carico della mucosa infiammata, peggiorando il quadro clinico; dei kiwi si è già detto a proposito degli antiossidanti, anche se, per la loro ridotta percentuale di fruttosio, sono proponibili appena le condizioni cliniche del paziente saranno migliorate; infine ricordiamo la pesca, il melone, il cocomero, i mandarini e tutti gli altri frutti che associno il loro contenuto zuccherino ad un certo grado di acidità. L’amido del riso o delle patate è già uno zucchero più complesso che può essere impiegato a condizione di non eccedere nella quantità e di non proporlo sotto forma di patate bollite, riso bollito o minestrone di riso. I cibi dovranno essere asciutti in modo da assorbire la maggiore quantità possibile di succhi gastrici ed essere degradati e digeriti nel più breve tempo possibile. Infatti, la patata bollita, in particolare quella a pasta bianca, per la sua struttura diversa da quella a pasta gialla, che adsorbe meno acqua durante la bollitura, è capace di provocare una gastrite perfino nelle persone sane. Anche la patata al forno è controindicata, se cotta insieme a carni, pesce, aglio o erbe aromatiche, in quanto questo tubero ha la proprietà di adsorbire e trattenere tutte le sostanze, dai grassi della carne, all’olio extravergine d’oliva, agli oli essenziali delle erbe aromatiche, presenti in tutti gli altri alimenti che gli vengano associati durante la cottura, diventando così un alimento molto più complesso da digerire. La patata cotta in forno con solo olio extravergine d’oliva e sale è invece altamente digeribile.
Proteine - Si conosce la forte azione di stimolo alla secrezione di acido cloridrico provocata soprattutto dalla carne rossa, che sarà evitata anche per il suo contenuto in ferro. Poiché le proteine della carne sono fondamentali per riparare e ristrutturare l’integrità della mucosa gastrica lesa, più avanti vedremo come rendere questa importante categoria di nutrienti accettabile per uno stomaco sofferente. In questa sede segnaliamo l’effetto negativo della carne proposta secondo tagli e modalità di cottura sconsigliabile nelle patologie gastriche. L’hamburger, ad esempio, sarà difficile da digerire, rispetto ad un qualunque altro tipo di preparazione, in quanto composto da parti derivanti da diversi distretti muscolari, per di più ricchi di grassi; subisce una prima denaturazione proteica già durante la triturazione, sia ad opera del surriscaldamento meccanico che della pressione di espulsione cui viene sottoposto, ed una seconda ad opera della cottura stessa . La bistecca, che nella parte centrale conserva una quota significativa di liquidi interstiziali è molto più digeribile della carne bollita, notevolmente impoverita dei suoi nutrienti andati in soluzione nel brodo, imbibita e denaturata nelle proteine, ad opera della lunga permanenza in acqua bollente; infine, la carne cruda, o carpaccio, sarà da evitare in quanto anch’essa presenta difficoltà digestive, a meno che non venga predigerita con succo di limone. Per l’azione di stimolo della funzionalità tiroidea, svolta dallo iodio in essi contenuti, i pesci sono normalmente controindicati in corso di gastrite iperacida ed ulcera gastrica in fase acuta. In corso di miglioramento del quadro clinico, il pesce dovrà essere proposto secondo quelle modalità di cottura che lo rendono più digeribile e meno irritante per la mucosa gastrica. In particolare, sarà evitato il pesce bollito che, pur avendo perso in diluizione una parte dello iodio e dei sali, presenta proteine imbibite e denaturate dall’acqua di bollitura e perciò più difficili da digerire. Anche il pesce al sale conserva nella sua struttura una parte dell’acqua, in quanto il calore fa cristallizzare il sale in superficie, formando una crosta che impedisce la disidratazione delle zone profonde. Ma questa componente acquosa è totalmente diversa da quella acquisita con la bollitura, essendo fisiologicamente legata a tutte le componenti organiche proprie del pesce e funzionale all’utilizzazione delle stesse, ragion per cui il pesce al sale è più digeribile di quello bollito che solitamente viene ritenuto più leggero. Il pesce al cartoccio è poco digeribile, in quanto trattiene sì tutta la sua acqua biologica e conserva al massimo la sua ricchezza nutrizionale, ma questa, addizionata agli oli essenziali degli aromi che si usano come condimento, finisce per rendere laboriosa e complessa la digestione di un paziente gastropatico. Nei paragrafi successivi vedremo le modalità corrette di utilizzo del pesce in questo tipo di patologie.
Lipidi - La loro complessità strutturale provoca una lentezza digestiva che non è certo utile nelle patologie gastriche, soprattutto quando i processi di cottura li rendono saturi, quando sono di cattiva qualità e tutte le volte in cui nello stesso pasto siano presenti in quantità eccessiva. Devono, perciò, essere evitati o ridotti al minimo i grassi animali cotti, a differenza di quanto avviene per alcuni lipidi insaturi, quali quelli dell’olio extravergine d’oliva o di frutti ricchi di grassi come la papaia o l’avocado.
Bevande e altri – Oltre ai funghi, alla patata bollita, all’ananas,alle vongole, alle cozze e soprattutto alle ostriche, che devono essere letteralmente banditi dalla tavola di un malato di stomaco, è preferibile non utilizzare caffè, particolarmente nella fase acuta. Stesso discorso vale per le bevande gassate e molto zuccherine, come Coca Cola ed affini. Sarebbe opportuno ridurre contemporaneamente il numero delle sigarette nei soggetti fumatori, a causa dell’azione tossica ed eccitante del catrame e della nicotina. Per la stessa ragione, e per la percentuale di acqua, il tè non viene gradito dal malato gastrico; lo stesso orzo, come bevanda, si rivela di solito irritante a carico della mucosa, forse per l’alterazione subita durante il processo di tostatura, a differenza del suo impiego come cereale, che invece svolgerebbe un effetto lenitivo. La camomilla può essere utilizzata nelle gastralgie soltanto se non zuccherata e se assunta a piccoli sorsi non troppo ravvicinati; stesse indicazioni per la tisana di alloro, che riduce la fermentazione gastrica e facilita i processi digestivi.

Alimenti ad azione terapeutica nelle patologie gastriche

Peperoncino - A prima vista l’impiego del peperoncino nelle gastralgie e nelle ulcere sembrerebbe sconsigliabile, dato il bruciore che provoca a carico delle mucose. In realtà, nel paziente che non è abituato al suo utilizzo, il bruciore si limita, di solito, alle mucose della bocca. Nella nostra esperienza lo utilizziamo abbondantemente in queste patologie, compresi la gastrite atrofica, il reflusso gastro-esofageo e le ulcere gastriche e duodenali, per una serie di valide ragioni. In primo luogo, il peperoncino svolge un’azione eupeptica, cioè facilita e velocizza tutti i processi digestivi. E’ un cicatrizzante molto efficace, poiché provoca una vasodilatazione associata ad azione revulsiva locale, con arrivo di una maggiore quantità di sangue (che ha un pH alcalino), e quindi di tutti i fattori di difesa e di riparazione tessutale. Infine, la capsaicina ha un’azione antibatterica documentata, utilissima per impedire la proliferazione dell’Helicobacter pylori nelle forme ulcerose. Per queste ragioni, il peperoncino si rivela utile in tutte le patologie gastriche, dalle gastriti ipertrofiche a quelle atrofiche, nelle esofagiti da reflusso, ma anche nelle forme ulcerose, nonostante gli inevitabili timori del paziente, fugati dopo l’immediato beneficio conseguente al suo primo molto preoccupato utilizzo. Studiando nei particolari i trattamenti bionutrizionali per queste patologie, si noterà come l’impiego del peperoncino sia costante ed in tutte le modalità possibili: sulla pasta, sulle verdure, ma anche insieme con il toast al prosciutto crudo, sulle patate bollite condite con olio, sale e, prezzemolo o sedano, a seconda delle indicazioni, o semplicemente su una fetta di pane tostato con dell’olio crudo.
Ortica - Nonostante il suo contenuto in ferro biodisponibile, che potrebbe essere irritante a carico della mucosa gastrica, come accade per altri alimenti ricchi di questo importante micronutriente, l’ortica svolge un’azione cicatrizzante molto efficace in tutte le lesioni irritative ed ulcerative gastro-duodenali. La sua azione revulsiva è tanto più intensa quanto più la cottura è breve; per esempio, è più efficace l’ortica stufata con olio extravergine d’oliva e qualche goccia di limone, che non l’ortica ripassata in padella o utilizzata per confezionare la pasta. Una delle migliori modalità di utilizzo è il riso all’ortica, che associa, all’azione adsorbente del riso sui succhi gastrici, l’azione cicatrizzante, lenitiva ed antianemica dell’ortica, che va aggiunta a cottura del riso ultimata, selezionando solo le foglie e non gli steli. Per prepararlo si pone il riso in una casseruola con aggiunta di cipolla finemente tritata e burro o olio extravergine d’oliva e, solo quando sarà lievemente dorato, si verserà un mestolo alla volta di acqua bollente, lasciando sobbollire a fuoco lento; dopo circa 15 minuti si aggiungerà l’ortica, accuratamente lavata, e si continuerà a cuocere per altri 2 minuti, fino a cottura completa del riso. Altra modalità per sfruttare tutto il contenuto in ferro dell’ortica è rappresentata dal far cuocere il riso in acqua e solo a fine cottura del cereale, si aggiungerà la verdura , sale ed olio extravergine d’oliva. Non è mai opportuno cuocere il riso e l’ortica insieme in quanto quest’ultima, che è molto tenera, cuoce in due o tre minuti; per questa ragione, nei venti minuti circa di cottura del riso, perderebbe la maggior parte del suo potere nutrizionale. Questa seconda preparazione sarà utile in tutte le anemie sideropeniche, nei pazienti in trattamento chemioterapico ed in quelli affetti da calcolosi della colecisti, per i quali è sconsigliabile l’uso dei grassi saturi; l’aggiunta dell’olio extravergine d’olivo o del burro, a seconda delle necessità terapeutiche, verrà in questo caso effettuata a fine cottura del riso. Altra possibile modalità, è quella di far bollire gli steli dell’ortica, privati delle foglie, e cuocere il riso nel liquido ottenuto. A fine cottura del riso, dopo averlo scolato di quasi tutta l’acqua, si aggiungeranno le foglie dell’ortica che cuoceranno per un solo minuto; il tutto verrà condito con burro o olio, a seconda della necessità, e parmigiano. Questa modalità permetterà di sfruttare tutta la quota-parte in ferro e silicio contenuta negli steli, e sarà preziosa sia nelle anemie gravidiche, che nella caduta dei capelli.
Succo di limone - Si è detto dell’azione di beneficio immediato del succo di limone in caso di iperacidità con sintomatologia dolorosa acuta. Un tentativo terapeutico dell’ulcera gastrica è quello di proporre l’assunzione a digiuno al mattino di 4-5 gocce di limone puro diluite in un cucchiaio di acqua e senza aggiunta di zucchero. Gradualmente, e controllando la sintomatologia clinica, si aumenterà il numero delle gocce durante la giornata e nei giorni successivi, fino ad arrivare alla quantità del succo di circa mezzo limone, diluito con acqua, quel tanto che basta da renderlo accettabile al palato, e facendolo bere a sorsi piccoli e ripetuti. Nella maggior parte dei casi, l’azione antibatterica, revulsiva, cicatrizzante ed antiacida del succo di limone permetterà la sterilizzazione della mucosa gastrica lesa ed invasa dall’Elicobacter pylori, ridurrà l’erosione continua operata dall’acido cloridrico endogeno ed attiverà i naturali processi di riparazione tessutale. Parte di queste azioni saranno potenziate dall’impiego costante del peperoncino aggiunto alle preparazioni alimentari, come detto nel relativo paragrafo.
Banana - Mentre la banana molto matura diventa quasi gelatinosa, a causa della trasformazione degli zuccheri complessi in zuccheri semplici, nella polpa di quella ancora relativamente acerba sono contenuti dei principi attivi che svolgono una azione protettiva a carico della mucosa gastrica infiammata, proteggendola dall’effetto corrosivo dell’acido cloridrico e della pepsina. Infatti, la banana attenua gli effetti collaterali di farmaci gastrolesivi, quali l’aspirina ed i cortisonici. Per contro, nei soggetti che abbiano un deficit degli enzimi necessari per digerire la cellulosa presente in questo frutto, si potrà verificare una intolleranza per eccesso di fermentazione.
Papaia - Dal sapore molto dolce, questo frutto tropicale si può impiegare in tutti i disturbi dello stomaco e del duodeno, dalle gastriti alle ulcere gastriche e duodenali. La sua caratteristica nutrizionale principale consiste in alcuni enzimi proteolitici, fra i quali la papaina, di cui è documentata l’azione antinfiammatoria a livello della mucosa gastrica ed intestinale.
Polenta - Per il suo contenuto in lipidi insaturi (5.1 mg%), vitamina E (9.5 mg%), carboidrati complessi a lento rilascio (7.6 gr.%) e proteine ridotte e senza glutine (8.7 gr.%), la polenta di mais può essere impiegata nell’alimentazione di un gastropatico fin dai primi giorni di trattamento, in quanto è di facile digestione, svolge un’azione protettiva a carico della mucosa infiammata e non induce fermentazione come altri cereali, in quanto relativamente povera di zuccheri. La ricchezza in magnesio (210 mg%) la rendono un alimento a spiccata azione antinfiammatoria partecipando, inoltre, all’equilibrio acido-basico, ai fenomeni di ossido-riduzione ed alla permeabilità e respirazione cellulare. Il modesto contenuto in vitamina K contribuisce a favorire, senza eccedere, i processi di coagulazione utili nelle possibili microlesioni dei processi infiammatori della mucosa gastrica.
Lattuga bollita - Insieme all’ortica, la lattuga e la cappuccina sono fra le poche verdure a foglia proponibili bollite ad un gastropatico. Per la loro ridotta percentuale di clorofilla, esse non sono irritanti per le mucose digestive, ma svolgono addirittura una funzione lenitiva, anche per il loro contenuto in vitamina E e in sostanze presenti nel gambo e nella parte lattiginosa della foglia: fra queste il lattucario, un succo amarognolo, che agisce con meccanismi farmacologici simili a quelli dell’oppio (D’Aubergiér), con azione sedativa sull’infiammazione e lenitiva del dolore. Anche i cardi e le coste bianche delle bietole (cioè quelle parti prive di clorofilla) possono essere utili ad un gastropatico, purché somministrate rigorosamente bollite e condite esclusivamente con olio extravergine d’oliva e poco sale.

Alimenti ed associazioni utili nel gastritico

Carboidrati
In un paziente affetto da gastrite iperacida in fase acuta è preferibile escludere frutta cruda ed amidi, utilizzando i carboidrati del pane e della pasta. Quest’ultima, nella quantità di 60 gr. circa nella donna e di 80 gr. nel maschio, dovrà essere al dente e con pomodoro ben cotto, almeno nella prima fase del trattamento bionutrizionale. Si proporrà condita con aglio, olio e peperoncino, oppure all’arrabbiata, scegliendo quella più digeribile (come le tagliatelle) o quella di grosso taglio, che obbliga il paziente alla masticazione, come i rigatoni, le penne ed i fusilli. Per quanto riguarda il pane, si userà preferibilmente solo la crosta o la parte esterna che è più cotta e disidratata, oppure si inviterà il paziente a tostare il pane, in modo da eliminare la quota di acqua della mollica, insieme all’eccesso di lievito, che viene disattivato dal calore. Successivamente, sarà proposto il risotto o il riso all’arrabbiata, oppure una associazione con quelle verdure che indicheremo nel paragrafo successivo. Diversa è la tollerabilità della patata fritta, rispetto a quella lessa, in quanto la disidratazione e lo stimolo epatico esercitato da questa modalità di cottura faciliterà lo svuotamento gastrico. Qualora sia controindicata una azione troppo intensa a carico della contrattilità colecistica, la patata viene tollerata perfino cotta in una minima quantità di olio extravergine d’oliva, senza arrivare alle alte temperature della frittura. In questo secondo caso si verificherà una certa imbibizione dell’alimento da parte dell’olio, ma difficilmente sarà tale da aggravare la funzionalità dello stomaco.
Verdure
Le verdure proponibili in corso di gastrite iperacida e di ulcera gastrica dovranno essere sempre povere in ferro e cellulosa, come già detto nei paragrafi precedenti, e proposte lesse e ripassate in padella, con qualche eccezione. Si è già detto della lattuga, della cappuccina e dell’ortica bollite nel relativo paragrafo, ma anche il finocchio bollito svolge azione lenitiva ed antimeteorica e viene sopportato dalla maggior parte dei pazienti gastropatici. Infatti, dopo la cottura esso diventa più sapido e più zuccherino, con una cellulosa in buona parte destrutturata dal calore. Qualora il paziente manifesti lo stesso una difficoltà digestiva, basterà passare il finocchio bollito con un passapomodoro, per frammentare ulteriormente la fibra; per rendere la preparazione più morbida e vellutata si potrà aggiungere un cucchiaio di maizena: se il finocchio verrà sopportato in questo modo, l’informazione diagnostica sarà quella di evitare con maggiore accortezza tutti gli alimenti ricchi di cellulosa; invece, se anche la vellutata provocherà disturbi, il medico saprà che il suo paziente è maggiormente sensibile al contenuto zuccherino degli alimenti, piuttosto che alla fibra. La zucchina bollita può essere impiegata, a condizione di condirla con olio extravergine d’oliva e qualche goccia d’aceto; quest’ultimo, a differenza del limone, contribuisce ad attenuare quel vago senso di nausea che molti gastritici lamentano come condizione di fondo. L’aceto deve essere rigorosamente di vino e non di mele. Anche la zucchina in pastella viene di solito ben tollerata, perfino se associata con un uovo al piatto, mentre ricordiamo che una frittata di zucchina è totalmente indigeribile in quanto mette in difficoltà prima di tutto lo stomaco e, secondariamente, il fegato. Del carciofo si potrà impiegare il fondo, molto povero in cellulosa, mentre le foglie, che sono lignine e ricche di fibre, andranno accuratamente evitate. Il cavolfiore si proporrà bollito e ripassato e verrà tollerato dal gastritico, poiché è il fiore della pianta e, quindi, è meno ricco di cellulosa rispetto alle foglie o allo stelo di altri vegetali. Delle altre crucifere sarà utile il cavolo cappuccio, che contiene il gefarnato, un principio attivo ad azione antinfiammatoria per le mucose digestive, a condizione di proporlo inizialmente crudo, solo sotto forma di centrifugato, poi molto cotto, schiacciato e privato della parte più costoluta. Con le foglie del cavolo cappuccio si potranno preparare degli involtini di carne, da far cuocere in olio extravergine d’oliva, in modo tale che la parete infiammata dello stomaco venga in contatto prima con i principi lenitivi del vegetale e poi con l’azione eccitante della carne. Anche la verza tenera può essere impiegata, ma con prudenza, tenendo presente la sua struttura più fibrosa ed il suo maggiore contenuto in clorofilla, che si rivela irritante per le mucose digestive. Viceversa, il cavolo cappuccio rosso è sempre controindicato, a causa della sua elevata concentrazione in antociani. Molte verdure ripassate potranno essere associate con il riso, preparando, di volta in volta, riso e lattuga, riso e asparagi, riso e carciofi, riso e indivia riccia, riso e indivia belga, soprattutto nei giorni successivi all’inizio del trattamento bionutrizionale, quando le condizioni del paziente saranno meno acute.
Frutta
Appena le condizioni del paziente permetteranno l’impiego di alimenti con maggiore contenuto glicidico, si inizierà a proporre la frutta cruda più acida e meno ricca di fruttosio come il pompelmo, le fragole, il kiwi; oppure, quella più zuccherina ma privata dell’acidità attraverso la cottura, come la mela cotta, la pesca cotta o le ciliege e le pere cotte. In tutti i pazienti affetti da patologie del tratto prossimale del canale digerente, l’impiego della frutta cotta dovrà essere valutato attentamente dal medico. Infatti, nella gastrite con iperacidità, la frutta cotta sarà controindicata in fase acuta per la fermentazione degli zuccheri resi maggiormente biodisponibili dalla cottura, mentre sarà tollerata dal paziente nelle fasi successive, senza avere una specifica azione terapeuticamente utile sulla patologia di base. Nell’ulcera gastrica, poi, la frutta cotta è controindicata in modo assoluto, in quanto l’apporto di zuccheri farebbe aumentare la carica batterica presente a livello della lesione ulcerosa. Nell’ulcera duodenale, invece, la frutta cotta svolge un ruolo terapeutico, in quanto provoca una attivazione pancreatica con produzione di bicarbonati necessari per tamponare l’acidità del chimo proveniente dallo stomaco.
Proteine
Nella gastrite bisognerà utilizzare le proteine più digeribili e meno irritanti. Un accorgimento da utilizzare è quello della predigestione ad opera del succo di limone, del latte o dell’uovo. Perciò si farà marinare per qualche ora della carne bianca come il petto di tacchino o di pollo, facendola poi cuocere rapidamente in olio bollente. In questo modo le proteine, predigerite, saranno denaturate il meno possibile e quindi non avranno una forte azione irritativa sulla parete gastrica. Altra possibilità è quella di usare carne cruda essiccata come il prosciutto, magari sotto forma di toast, in modo da avere la massima azione adsorbente. Gli straccetti di carne sono tollerati abbastanza bene, in quanto una quota di proteine viene persa durante l’affettatura ed il breve tempo di cottura ne riduce la denaturazione, a differenza della notevole quantità di proteine denaturate presenti nello spessore di una bistecca. Anche la fettina panata può essere tollerata, in quanto il paziente si può giovare del moderato stimolo della frittura, della conseguente disidratazione dell’associazione alimentare e della ridotta denaturazione delle proteine, protette dalla panatura. La carne ai ferri non crea disturbo nei pazienti affetti da ulcera duodenale, mentre potrebbe rivelarsi di difficile digestione e provocare un eccesso di acidità in caso di ulcera gastrica. Infine, il carpaccio di carne è sicuramente meno dannoso rispetto a quello di pesce, a condizione che venga fatto marinare a lungo nel succo di limone. Per quanto riguarda i pesci, proponibili sono la sogliola, il merluzzo e altri pesci bianchi, magari lasciati a macerare nel limone, oppure infarinati e fritti, in modo da ridurre la denaturazione proteica e la rapida biodisponibilità dello iodio, che potrebbe contribuire ad aumentare l’irritabilità gastrica. In ogni caso, il pesce non costituisce una scelta alimentare preferenziale nelle prime fasi del trattamento bionutrizionale, per le ragioni esposte nel paragrafo dedicato agli alimenti controindicati. Per le sue proteine indifferenziate, l’uovo è invece tollerato, a condizione di non essere proposto fritto, sodo o sotto forma di frittata, ma solo, come già detto, al vapore o alla coque.
Lipidi
La limitazione dei lipidi non è assoluta, soprattutto quando non vengano alterati dalla cottura; infatti, il prosciutto crudo, ricco di lipidi insaturi, è un alimento proponibile, e da tutti digeribile senza difficoltà. La carne di maiale anche cotta, opportunamente associata, viene di solito sopportata bene dai gastritici, forse per il suo potere di stabilizzare le oscillazioni della glicemia, e perché tra le più delicate delle carni bianche . L’alimento lipidico per eccellenza è costituito dall’olio extravergine d’oliva, impiegato preferibilmente crudo, in modo da esercitare una funzione protettiva e lenitiva della mucosa gastrica, in virtù del suo contenuto in vitamina E e della sua elevata viscosità, grazie alla quale crea una pellicola protettiva sulla superficie della mucosa digestiva. L’impiego di alimenti fritti con questo olio, molto digeribili perché disidratati, è giustificato quando si ritiene terapeuticamente utile un’azione di stimolo sul fegato, per esempio in caso di stipsi, con miglioramento della sintomatologia gastrica; invece, è controindicato in condizioni di ipereccitabilità ed ipermotilità delle vie biliari, con feci molli ed ipercromiche.

Esempi di dieta nella gastrite ipersecretiva

Nel primo pasto di un paziente con gastrite ipersecretiva, la finalità terapeutica dovrà essere quella di proporre soluzioni bionutrizionali dotate di potere assorbente i succhi gastrici in eccesso, senza aumentare l’irritabilità e l’infiammazione della mucosa. Non è molto indicato, quindi, il toast al prosciutto, se lo si intende classicamente preparato insieme con il formaggio, mentre non provoca difficoltà il pane e prosciutto crudo e l’aggiunta di un finocchio bollito e condito, essendo dotato quest’ultimo di un’azione lenitiva e meno irritante di quello crudo, in virtù della destrutturazione della cellulosa operata dalla cottura. Ovviamente, non sarà indicata la mela cotta, che provocherebbe un eccesso di zuccheri e indurrebbe processi fermentativi, ma si potrà utilizzare mezza papaia, un quarto di avocado o mezza banana. A cena una patata fritta potrà rappresentare la quota di idrati di carbonio ed amidi, meglio se associata a 150 gr. di cavolfiore ripassato, piuttosto che ad una zucchina, in quanto dotato di maggiore potere assorbente e meno ricco di zuccheri. L’eventuale lieve gonfiore gastrico indotto dal bromuro e dallo zolfo del cavolfiore non costituisce una controindicazione al suo impiego; lo stesso zolfo svolgerà un’azione trofica a carico della mucosa, in modo simile a quanto avviene nelle patologie della pelle. Per il giorno seguente potremo utilizzare 50 gr. di pane a bruschetta, una carne panata ed una zucchina in pastella. Si tenga presente che la modalità di cottura di un alimento influisce in modo immediato e significativo sulle condizioni cliniche di questi pazienti. Infatti, la zucchina trifolata sarà meno indicata, in quanto la cottura provocando una discreta imbibizione di olio, finirà col produrre un rallentamento dello svuotamento gastrico in concomitanza di uno scarso potere assorbente i succhi gastrici da parte dell’ortaggio così preparato. Controindicazioni simili si verificano anche per la zucchina marinata, che, pur conservando parte della sua acqua di vegetazione, possiede una significativa quota di olio fritto cui si aggiunge l’azione dell’aceto che stimolerebbe ulteriormente la secrezione dei succhi gastrici. La cottura in pastella invece, limitando la disidratazione del vegetale e riducendo la penetrazione dell’olio nella struttura dell’alimento, sarà più indicata. Qualora fosse necessario potenziare al massimo la capacità assorbente, si taglierà la zucchina a fettine o a listarelle e si passeranno queste ultime nella farina, immergendole in olio bollente e facendole cuocere finché non saranno diventate croccanti. Per la cena potrà essere proposta una scodella di polenta al pomodoro, una carota fritta ed un petto di pollo al limone. Il terzo giorno si potranno utilizzare a pranzo 70 gr. di pennette all’arrabbiata, 70 gr. di prosciutto crudo ed una banana non troppo matura (per non avere una eccessiva biodisponibilità degli zuccheri); mentre per la a cena si potranno vantaggiosamente usare riso ed asparagi, un uovo al piatto e mezza papaia Il quarto giorno a pranzo: 70 gr. di rigatoni burro e parmigiano, 150 gr. di stracceti di carne con prezzemolo, aglio e olio, un fondo di carciofo al tegame e mezza banana; per la cena, (invece,) di nuovo polenta al pomodoro, associata a 140 gr. di lombata di maiale in padella con olio e sale, 150 gr. di cavolfiore ripassato con aglio e olio e mezza mela. La polenta è un alimento molto utile in quasi tutte le gastralgie perché a bassissimo contenuto in glutine ed ad altissimo potere assorbente e lenitivo.

Ulcera gastrica e duodenale

Molte osservazioni circa l’ulcera gastrica sono state già esposte nei paragrafi precedenti. In questa sede aggiungiamo qualche precisazione e delle differenze di trattamento bionutrizionale rispetto all’ulcera duodenale. In entrambi i casi le scelte bionutrizionali si ripercuoteranno immediatamente a carico della sintomatologia clinica del paziente. L’antro gastrico rappresenta il primo luogo di ristagno del bolo alimentare, dopo la cavità orale. Pertanto, le caratteristiche dell’alimento ancora non sufficientemente destrutturato impongono delle scelte precise per non peggiorare il quadro clinico; per esempio, fra le proteine nobili bisognerà impiegare con attenzione quelle del pesce e si farà una selezione delle verdure, proponendo quelle meno ricche di cellulosa e di acqua di vegetazione. Nell’ulcera duodenale le esigenze sono completamente diverse, in quanto l’alimento che arriva è stato già predigerito e solo il suo intrinseco grado di acidità può influire sulla irritabilità della mucosa lesa. Lo scopo della terapia sarà quello di proporre soluzioni nutrizionali che non facciano diventare il chimo troppo acido ma, soprattutto, bisognerà far aumentare la produzione pancreatica di bicarbonati, in modo da abbattere rapidamente l’eccesso di acidità proveniente dall’alto del tubo digerente. Per influire sull’attività pancreatica bisognerà impostare la terapia nutrizionale in modo diverso da quanto si fa in caso di disfunzione del pancreas endocrino. Non per niente, in caso di scarsa produzione di insulina, con squilibrio glicemico e tendenza all’acidosi metabolica, il pH urinario diventa francamente alcalino, ad espressione di una ridotta produzione di bicarbonati, che non hanno tamponato gli acidi organici. Perciò bisognerà aumentare la percentuale degli idrati di carbonio della pasta e del riso, che in questo caso non aggraveranno il quadro clinico come avviene nell’ulcera gastrica. Sarà meno indicata la frutta cruda, sia per il suo grado di acidità, sia per il suo contenuto in fruttosio, che stimola meno la produzione endocrina dell’insulina, mentre saranno di giovamento la mela cotta, la pera o la pesca cotta e perfino le ciliegie o le prugne cotte. Per la stessa ragione, il latte intero fresco sarà di giovamento in caso di ulcera duodenale, mentre non sarà proponibile nell’ulcera gastrica in fase acuta, che peggiorerà anche con la frutta cotta, a differenza di quanto avviene in caso di semplice gastrite. Si ridurrà al minimo indispensabile l’apporto proteico, in particolare delle proteine del pesce, mentre quelle della carne potranno essere proposte in associazione con la pasta, per esempio sotto forma di ragù ma non nella modalità dei tortellini, i quali hanno un impasto complesso con parmigiano, uovo e carni di natura diversa, già preventivamente cotte, e che subiscono un’ulteriore denaturazione delle proteine e degradazione dei nutrienti ad opera della bollitura per la cottura definitiva.

Esempio di dieta nell’ulcera gastrica

Mentre nella gastrite con iperacidità la maggior parte della mucosa dello stomaco presenta uno stato infiammatorio più o meno grave, in caso di ulcera gastrica le lesioni saranno più acute e distruttive, ma anche più distrettuali, per cui la capacità digestiva del paziente sarà meno compromessa, a condizione di proporre le giuste associazioni alimentari. Per esempio, saranno indicati dei pasti complessi come i bucatini all’amatriciana con peperoncino, preparazione ritenuta erroneamente di difficile digestione, che viene sopportata dal paziente affetto da ulcera gastrica senza particolari problemi, magari con aggiunta di due carote fritte o della zucca fritta con aglio, per sfruttare l’azione cicatrizzante della loro vitamina K e quella antibatterica dell’aglio; quest’ultimo riduce anche la concentrazione degli zuccheri per il suo contenuto in oli essenziali. Si eviterà, comunque, l’impiego della frutta cotta, che, avendo perduto ad opera della cottura quasi completamente l’acidità propria degli acidi organici del frutto, presenterà, sempre ad opera dell’innalzamento termico, incremento del contenuto in zuccheri aggravando, perciò, la reattività della mucosa dello stomaco. A cena si potranno proporre una scodella di polenta in bianco condita con olio extravergine d’oliva, 150 gr. di cavolo cappuccio o la verza ripassate in padella e mezza banana a media maturazione. Il giorno seguente si utilizzerà a pranzo di nuovo una pasta complessa come i rigatoni alla norcina, preparati facendo cuocere in padella una salsiccia di maiale sbriciolata (in poca acqua che evaporerà, dando tempo alla carne di maiale di liberare i propri grassi, e senza sfumare con il vino, che la renderebbe molto meno digeribile), con la quale si condirà la pasta, senza aggiunta di panna. Come contorno si ripeterà il cavolo cappuccio ripassato, in virtù della sua azione lenitiva per il suo contenuto in gefarnato. A cena 80 gr. di spaghetti aglio, olio e peperoncino o all’arrabbiata ( raccomandando al paziente di masticare bene soprattutto gli spaghetti, per effettuare una corretta predigestione degli idrati di carbonio) associati a 150gr. di bieta o ad una lattuga ripassata in aglio, olio e peperoncino e mezzo avocado. Il terzo giorno si potrà prescrivere una parmigiana di zucchine, di cui sfrutteremo l’azione miorilassante propria del potassio. Di cui questo vegetale è ricco,associata all’azione antiemorragica del calcio contenuto nel parmigiano. Può essere indicata, però, anche pasta burro e parmigiano, in quanto il burro crudo non ha le stesse controindicazioni di quello che subisce le modificazioni strutturali della cottura; inoltre, i lipidi insaturi hanno un potere ristrutturante, terapeuticamente utile in caso di lesioni della mucosa gastrica, che si associa a quello antiemorragico del parmigiano. In base a queste osservazioni, saranno proponibili anche gli asparagi al burro come contorno e tre mandarini come frutta. A cena si comporrà il pasto con riso e lattuga, 2 carciofi bolliti e mezza banana.

Esempio di dieta nell’ulcera duodenale

a) Riso e spinaci, 60 gr. di prosciutto crudo ed una mela cotta. Oltre che di ferro, gli spinaci sono ricchi di vitamina K (89 microgrammi %), per la qual cosa favoriscono i processi cicatriziali a carico della mucosa duodenale lesa. b) Polenta al pomodoro, una lattuga bollita (129 microgrammi di vitamina K) e una banana matura. All’azione lenitiva della lattuga, si aggiunge quella della polenta che, fra gli altri nutrienti, apporta magnesio, dotato di effetto antinfiammatorio locale. Si noti come la banana, a differenza dell’ulcera gastrica, venga proposta in questo caso matura, in modo da potenziare lo stimolo iperglicemico ed indurre il pancreas esocrino a produrre una maggiore quantità di bicarbonati. c) Orecchiette alle cime di rapa (650 microgrammi di vitamina K), un uovo alla coque ed una pera cotta. L’apporto di ferro da parte delle cime di rapa e dell’uovo alla coque facilita i processi di coagulazione locali; la pera cotta svolge la stessa azione iperglicemizzante della banana, impiegata nell’esempio precedente. d) Orzetto al burro, 150 gr. di broccolo (200 microgrammi di vitamina K) e 6 prugne cotte. L’assenza del glutine e l’azione lenitiva dell’orzo a carico delle mucose digerenti, lo rendono indicato in questo tipo di patologie. L’orzetto si realizza mettendo a soffriggere: guanciale, prezzemolo, aglio, cipolla e sedano, sui quali si verserà, quando saranno appassiti, l’acqua fredda per creare uno shock termico: Quando l’acqua avrà ripreso a bollire si aggiungerà l’orzo perlato aggiustandolo di sale e portandolo a completa cottura. Gastriti atrofiche Mentre le forme di gastrite ipertrofica, con aspetto “cerebriforme” della mucosa sono spesso solo un reperto gastroscopico che evidenzia delle iperplasie parziali della mucosa gastrica, le forme atrofiche sono più frequenti e terapeuticamente impegnative. A differenza delle gastriti con iperacidità e dell’ulcera gastrica, nelle forme atrofiche gli alimenti eccessivamente disidratati costituiranno una controindicazione, che si somma a quella degli alimenti troppo imbibiti, di cui è stato illustrato l’effetto negativo nelle altre forme di gastrite. In questo caso bisognerà: 1) evitare i cibi eccessivamente secchi, come il pane troppo tostato, la frutta secca o la pasta eccessivamente al dente; 2) aumentare quelli acidi e con pochi zuccheri, come il kiwi, la cui vitamina C svolgerà un’azione di stimolo a carico della mucosa che secerne acido cloridrico; 3) sfruttare il potere digestivo del calore, per esempio facendo bere a fine pasto una tisana di buccia di limone, meglio nota popolarmente come “canarino”, in modo da sfruttare l’azione dell’acido citrico e del limonene o, una tisana di basilico che si ottiene facendo bollire per 2 minuti 5 foglie di basilico in 100gr. di acqua, o, in mancanza d’altro, una semplice tazzina d’acqua calda; 4) proporre alimenti ricchi di sali o aumentare moderatamente l’aggiunta di sale ai cibi, in modo da potenziare la produzione di acido cloridrico e migliorare i processi digestivi, al contrario di quanto avviene nelle gastriti iperacide, nelle quali l’eccesso di sale si dimostrerebbe irritante; 5) Impiegare il peperoncino: in virtù della sua azione revulsiva, infatti, si dimostra efficace per aumentare il flusso sanguigno ed indurre le cellule produttrici di acido cloridrico ad aumentare il loro secreto, mentre le zone di atrofia della mucosa, più o meno estesa, si gioveranno dello stimolo biologico ricostruttivo apportato dal sangue. L’attenzione bionutrizionale sarà rivolta principalmente alla ricerca di quelle soluzioni alimentari che rispettino i punti precedentemente citati, prediligendo alimenti che siano moderatamente acidi e tali da dover essere adeguatamente insalivati durante la masticazione; si farà in modo che siano anche destrutturati, come i passati di verdure, purché non troppo liquidi, in quanto potrebbero diluire i succhi gastrici già scarsi del paziente. Una soluzione ottimale nella prima fase del trattamento può essere rappresentata da purè di patate preparato con aggiunta di buccia di limone grattugiata e peperoncino Infatti, la patata svolge azione lenitiva a carico della mucosa atrofica, la sua fibra stimola la peristalsi intestinale ed il potassio contrasta la tendenza allo spasmo della muscolatura liscia .Il latte che si aggiunge alle patate, mai bollito, ma soltanto riscaldato, (in quanto essendo già pastorizzato prima della vendita, se fosse bollito, subirebbe ulteriore denaturazione delle sue proteine, divenendo indigesto), amalgamato al burro, senza mai riportare sul fuoco il purè, apporta proteine di facile digeribilità e non può coagulare nel lume gastrico per la presenza del burro che fornisce lipidi insaturi, sali e zuccheri. Il peperoncino stimola la mucosa; infine, l’acido citrico ed il limonene presente nella buccia di limone agevoleranno tutti i processi digestivi, bilanciando il grado di acidità. Il pasto potrà essere completato con mezza mela cruda grattugiata, a cui si aggiungeranno poche gocce di limone. Nel pasto serale si potrà utilizzare una passata densa di fagioli, di ceci o di piselli con peperoncino, sale ed olio extravergine d’oliva, insieme a mezzo kiwi per eccitare leggermente la secrezione gastrica.
Il giorno seguente una patata bollita, schiacciata e condita con olio, sale, peperoncino e qualche goccia di aceto, insieme ad una coppetta di fragole, che svolgeranno la stessa azione richiesta al kiwi nel pasto precedente. A differenza dei frutti di bosco, la fragola non è dotata di un “contenitore” sotto forma di scorza o di buccia, per cui costituisce una delle poche soluzioni bionutrizionali nei pazienti fortemente compromessi nelle loro capacità digestive; inoltre, il suo contenuto in acido acetilsalicilico svolge azione antinfiammatoria, utile in molte patologie dell’apparato digerente ad eccezione delle gastriti iperacide e delle ulcere gastriche. Se la risposta clinica è positiva, a cena si potrà tentare la stimolazione intensa di una patata fritta. Normalmente il pane è di scarsa utilità in queste situazioni cliniche, in quanto si presenta con struttura compatta e ruvida e veicola una quota di vitamine del gruppo B sotto forma di lievito, che renderebbe troppo laborioso il lavoro di uno stomaco in difficoltà. Per ragioni diverse, anche la pasta o il riso non costituiscono una soluzione ottimale in fase acuta, in quanto tendono ad imbibirsi troppo di acqua durante la cottura. Meno problematico è l’impiego dell’orzo, che conserva anche da cotto la sua consistenza elastica, ad espressione di un minore trattenimento di acqua.
La prima carne da proporre ad un paziente affetto da atrofia gastrica è il prosciutto crudo, che costituisce una delle strutture proteiche animali più digeribili in assoluto, in virtù del suo contenuto in sale e della ridotta percentuale di scorie azotate. Uno dei primi pasti completi ad azione terapeutica potrà essere composto da una patata fritta, 50 g di prosciutto crudo e 100 g di fragole. Controindicato nella gastrite e nell’ulcera, il sedano potrà essere utile in questa situazione clinica, a condizione di impiegarlo solamente bollito, in modo da sfruttare l’effetto eccitante della sedanina, senza appesantire la digestione a causa della sua cellulosa compatta e coriacea, che può essere eliminata passando al setaccio il sedano ed addizionandolo di fecola di patate o di maizena, per formare una vellutata; inoltre, la presenza di acido acetilsalicilico nel sedano, ne rende preziosa l’azione antinfiammatoria. Lo stesso finocchio si potrà proporre bollito e passato, magari con aggiunta di burro crudo e di maizena o fecola di patate, in modo da renderlo cremoso. Indicata è la crema di asparagi, in modo da sfruttare lo stimolo alla peristalsi operato dall’asparagina. Perfino qualche fettina di mortadella, nonostante la complessità nutrizionale peggiorata dalla scarsa genuinità dei componenti cotti e perciò denaturati, può rivelarsi in questo caso paradossalmente utile, in quanto se ne sfrutta l’effetto irritante e la notevole destrutturazione delle sue proteine, che la rendono un alimento quasi cremoso.

Reflusso gastro-esofageo

Un cenno a parte meritano le indicazioni bionutrizionali nei reflussi gastro-esofagei, che non sono necessariamente associati ad uno stato di iperacidità. Infatti, la mucosa dell’esofago non secerne acido cloridrico e difficilmente il suo stato infiammatorio arriva fino alla formazione di lesioni ulcerative. Per questa ragione alimenti come l’ananas sono pericolosi nell’ulcera gastrica, mentre possono essere sopportati nella esofagite da reflusso, che si può giovare dell’azione antinfiammatoria della bromelina. Viceversa, la mela cruda provoca aumento del dolore in quanto, anche se ben masticata, è scivolosa come l’ananas, ma è piuttosto compatta e ruvida ed irrita la parete dell’esofago durante il transito, in quanto il movimento peristaltico avvolge e stringe il bolo per consentirne la progressione verso il lume dello stomaco. Pertanto, saranno controindicati tutti gli alimenti che possano traumatizzare il canale esofageo durante il transito ed i liquidi contenenti sostanze irritanti, quali il succo di melograno o quello di limone puro. E’ evidente che il primo consiglio sarà quello di evitare alimenti molto caldi o freddi e di masticare accuratamente i cibi prima di deglutirli, allo scopo di sminuzzarli e permetterne una perfetta insalivazione, in quanto la saliva stessa è, per i suoi contenuti, antinfiammatoria, lenitiva, disinfettante e cicatrizzante . Secondo quanto detto dovrebbe essere meno fastidiosa l’assunzione di pane fresco, perché più morbido, rispetto a quello reso più duro dalla tostatura; in realtà, il paziente riferisce di avere meno difficoltà con il secondo rispetto al primo, in quanto il pane tostato richiede una masticazione accurata, mentre quello fresco viene spesso ingerito senza averlo ben masticato. Inoltre, la mollica morbida tende a formare una struttura elastica tondeggiante che si deglutisce con difficoltà, mentre la crosta viene ridotta a poltiglia morbida. Anche la maggior parte dei dolci provoca dolore da graffiamento della mucosa, ad eccezione di quelli che scivolano facilmente senza restare adesi alle pareti dell’esofago; quelli più cremosi, invece, potrebbero favorire la moltiplicazione batterica per il loro contenuto in zuccheri. Dolci ideali sono il cream caramel o la panna cotta, mentre sono controindicati i biscotti, i pasticcini, il cioccolato e le mousse. Un alimento dolce molto utile è il miele, proponibile anche nelle esofagiti da reflusso dei neonati che si alimentano solo con il latte; questo importante alimento che la natura mette a disposizione ha un’azione nutritiva, lenitiva e antibiotica. Nella fase acuta dell’esofagite da reflusso non darà mai fastidio la lattuga bollita, la bieta bollita, la zucchina e tutti gli alimenti che siano molli e scivolosi, come le melanzane a funghetto, mentre in una seconda fase bisognerà tenere bene in considerazione la fisiopatologia e ristrutturare la mucosa esofagea infiammata e indebolita dal processo patologico. La prima attenzione sarà rivolta ad evitare i fritti che non siano realizzati con olio extravergine d’oliva, il quale svolge una diretta azione lenitiva a carico della mucosa, in virtù di una densità che, invece, è insufficiente negli oli di semi. Non è utile il burro, sia crudo che cotto, perché non possiede una adeguata viscosità, che l’olio conserva pienamente anche quando è utilizzato per la cottura. Bisognerà proporre all’organismo proteine nobili ad immediata utilizzazione che servono come materiale costruttivo e di riparazione di una mucosa danneggiata dai processi infiammatori, mentre si provvederà a fornire alimenti ad azione lenitiva, antinfiammatoria ed antibiotica per ridurre e risolvere la flogosi locale; in particolare, alle preparazioni alimentari si aggiungerà costantemente l’aglio e/o la cipolla cruda, che non disturbano il paziente, a differenza di quanto avviene nelle patologie gastriche. A fine pasto può essere indicato un frullato di banane o di pera, o un bicchiere di latte tiepido che pulisce il canale esofageo, lasciando una verniciatura lipidica di protezione, mentre sarebbe controindicato un gelato, in quanto provocherebbe una risposta edemigena secondaria allo shock da freddo. Infatti, bisogna immaginare la mucosa esofagea irritata e lesa, con zone più o meno estese ridotte allo stato di epitelio escoriato; per questa ragione, basta qualsiasi trauma termico, meccanico o chimico per provocare una riacutizzazione del dolore. In questi pazienti il pasto non deve mai iniziare direttamente con le proteine, ma con alimenti che lubrifichino il canale esofageo, preparandolo ad accogliere strutture più compatte. Per esempio, una vellutata di ceci, condita con abbondate olio extravergine d’oliva, seguita da prosciutto crudo e frullato di latte, banana e pera. Anche nella scelta dei formaggi, sarà indispensabile evitare quelli che hanno il potere di aderire al lume esofageo, come lo stracchino, la fontina, il parmigiano o la ricotta. Meglio la mozzarella, la scamorza ai ferri, l’omelette al formaggio o qualunque formaggio fuso. L’omelette ai funghi, ad esempio, scivola facilmente, mentre i ravioli con ricotta e spinaci presentano una qualche difficoltà nel transito. Facilmente sopportato è il peperone arrosto, meno quello in padella, forse perché diventa molto più destrutturato e perciò tende a progredire lungo il canale esofageo con maggiore lentezza. Va bene la pasta all’arrabbiata, preferendo gli spaghetti ai rigatoni, ai fusilli o alle penne. La maggior parte dei pazienti con esofagite da reflusso in fase acuta si giova dell’assunzione di qualche cucchiaino da caffè di patata cruda finemente grattugiata, solitamente facilmente reperibile. Bisogna avere l’accortezza di scegliere la patata a pasta gialla e di testarla preventivamente, facendone ingerire una piccolissima quantità. Un ulteriore quadro è rappresentato dal reflusso gastroesofageo saltuario in pazienti che lamentano costantemente una lentezza digestiva, spesso associata ad una distensione gastrica evidente, frequenti eruttazioni e, spesso, una storia caratterizzata da periodi di iperacidità, soprattutto nei periodi primaverili ed autunnali. Alcuni riferiscono l’istaurarsi del disturbo dopo un abuso di farmaci che aggravano la funzionalità epatica, quali la pillola estro-progestinica, gli antinfiammatori, gli antibiotici o medicamenti che alterino la peristalsi intestinale, come alcuni antipertensivi. In questi casi la finalità terapeutica sarà quella di accelerare lo svuotamento gastrico, in modo da evitare il gonfiore persistente che rende beante lo sfintere gastro-esofageo e favorisce il reflusso. Uno dei meccanismi fisiologici sfruttato dal trattamento bionutrizionale è quello di aumentare la disponibilità dei sali biliari, mediante la stimolazione colecistica attuata attraverso la modalità della frittura. La dimostrazione che in questi pazienti l’iperacidità non costituisce un fattore determinante la persistenza della patologia è data dal fatto che somministrando loro il pesce , avvertiranno un beneficio , in quanto il suo contenuto in iodio aumenta l’attività tiroidea e, di conseguenza, accelera la peristalsi intestinale. Perfino i frutti di mare, estremamente irritanti per la mucosa gastrica, in virtù dello iodio contenuto, possono essere utilizzati per accelerare lo svuotamento gastrico ed evitare il reflusso attraverso il cardias. La stimolazione epatica sarà determinante, inoltre, per migliorare la capacità organica di liberarsi dei cataboliti tossici responsabili del rallentamento digestivo.

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