La diverticolosi, conosciuta anche come “malattia diverticolare”, è una condizione caratterizzata da estroflessioni della mucosa e della sottomucosa del colon (i cosiddetti diverticoli) attraverso zone di relativa debolezza dello strato muscolare della parete intestinale. Tali estroflessioni sono più frequenti nel sigma, tratto dell’intestino crasso sottoposto ad una maggiore pressione, che ne facilita la graduale formazione. Più ricorrenti nei Paesi Occidentali, i diverticoli sono rari prima dei quarant’anni, aumentano d’incidenza dopo quell’età e possono essere del tutto asintomatici, tanto che la loro presenza può costituire un reperto occasionale nel corso di altre indagini. In ogni caso, sarà comunque necessaria una valutazione specialistica per escludere patologie più gravi, fra le quali il cancro del colon o del retto. I pazienti asintomatici o che manifestino minimi disagi non richiederanno trattamenti farmacologici o chirurgici, ma solo delle opportune modifiche del loro stile alimentare. In particolare, sarà utile:
1 – un uso costante e frequente di preparazioni che prevedano l’impiego di antifermentativi e disinfettanti intestinali, come il peperoncino, la cannella, i chiodi di garofano, la curcuma e lo zenzero, condizione indispensabile per scongiurare il rischio di infezione dei diverticoli e di distensione delle anse intestinale, il che predisporrebbe all’aumento delle sacche diverticolari;
2 – facilitare il transito intestinale e risolvere la stipsi, se presente, attraverso un moderato stimolo della funzione epato-biliare, tramite l’impiego di alimenti soffritti e fritti;
3 – ridurre l’utilizzo di formaggi e di altri derivati del latte, ma anche di dolci e associazioni di cibi ad elevato indice glicemico, che potrebbero contribuire all’aumento della flora patogena intestinale e allo sviluppo di candida o di parassiti;
4 – nei soggetti che non manifestino intolleranze specifiche, a colazione o merenda potrà essere utile lo yogurt intero fresco, bianco e assolutamente non addizionato di zuccheri, alimento in grado di migliorare il microambiente intestinale e, quando possibile, associato all’aglio, di cui si farà largo uso per sfruttare le sue proprietà antimicrobiche;
5 – proporre verdure a scarso contenuto di cellulosa come le indivie belghe, le zucchine, gli agretti, i finocchi cotti e passati, le carote, la lattuga e la cappuccina bollite, la valeriana, l’insalatina da taglio, oppure quelle di cui si utilizza il fiore, come il cavolfiore, il broccolo e i broccoletti siciliani, lessati e poi ripassati in padella con olio, aglio e peperoncino; fa eccezione il carciofo che, pur essendo un fiore, è invece ricchissimo di cellulosa e potrebbe aumentare molto i processi fermentativi;
6 – alimenti come semi oleosi (noci, nocciole, pinoli, etc.) e legumi sono stati, in passato, ritenuti responsabili di un possibile rischio diverticolare, dati smentiti da studi recenti che non hanno evidenziato nessun reale pericolo conseguente al loro impiego, soprattutto se tritati e poi masticati accuratamente.
Solo nel 20% circa di soggetti con diverticolosi, in particolare in quelli che non rispettano le linee guida nutrizionali sopra elencate, si potrà verificare una infiammazione delle sacche diverticolari, con sintomi saltuari e di breve durata e dolori addominali crampiformi, oppure diffusi e mal definiti. Se, invece, il dolore si manifesta in modo acuto e localizzato in fossa iliaca sinistra, associato a febbre e brividi, sarà espressione di un quadro infettivo definito diverticolite. Tale quadro patologico richiederà una terapia medica di urgenza poiché potrebbe complicarsi con formazione di ascessi, sepsi generalizzata, fistole, fibrosi retroperitoneale e peritonite.
Pertanto, dal punto di vista bionutrizionale bisognerà seguire le linee guida generali e agire in sinergia con la terapia farmacologica, intensificando l’impiego delle soluzioni antifermentative e disinfettanti. Solo in questa condizione acuta, alla ripresa dell’alimentazione, s’inizierà con una dieta liquida o semiliquida a ridotto tenore in fibra (pasta, riso, minestrina d’aglio, carne o pesce omogeneizzati o tritati, uova), per poi aumentare progressivamente la consistenza e la quantità. Saranno evitate in particolare tutte quelle varietà di frutta e verdura per le quali non sia possibile rimuovere i semini o che siano ad alto contenuto di fibra, come fichi, fragole, lamponi, ribes, more, kiwi, melograno, fagiolini, semi di girasole, etc. Si ridurranno ancora di più i vegetali ricchi di cellulosa e i legumi saranno proposti decorticati o sotto forma di vellutata. Fibre a parte, sarà importante anche escludere sostanze irritanti come il pepe, gli alcolici, il cioccolato, l’eccesso di caffè e le bevande gassate, che potrebbero aggravare la condizione infiammatoria dei diverticoli.
Se messe in atto, le citate modifiche dello stile nutrizionale di un paziente affetto da diverticoliti recidivanti, potranno ridurre la frequenza e la gravità della patologia, rendere meno frequente il ricorso alla terapia farmacologica e scongiurare le complicazioni locali e generali.