La steatosi epatica, comunemente definita “fegato grasso”, è una patologia legata all’accumulo intracellulare di trigliceridi a livello del tessuto epatico, in una percentuale superiore alla quota fisiologica che in media non supera il 5% del peso complessivo dell’organo. Questa condizione si può verificare quando l’epatocita accumula trigliceridi in conseguenza di: a) aumentata captazione di acidi grassi come accade in corso di diabete o in presenza di sindrome metabolica; b) un aumento della sintesi endogena di acidi grassi come si verifica in corso di insulino-resistenza, di abuso di bevande alcoliche o di un’alimentazione fortemente sbilanciata a vantaggio degli zuccheri e degli altri carboidrati, con conseguente carenza di proteine e grassi; c) per una ridotta eliminazione dei lipidi da parte del fegato come può avvenire in corso di malnutrizione o di diete fortemente ipocaloriche, condizioni che inducono l’organo ad accumulare i nutrienti carenti.
In una percentuale variabile dall’8 al 20%, questa patologia può evolvere verso processi infiammatori e/o necrotici con eventuale fibrosi progressiva dell’organo. Le due situazioni vanno però distinte, poiché la steatosi semplice è reversibile con la correzione dei fattori che l’hanno indotta, in particolare quelli alimentari, mentre quella infiammatoria può progredire verso la cirrosi in circa il 10% dei pazienti. Anche in questi casi, comunque, un’opportuna programmazione nutrizionale potrà rallentarne molto la progressione.
Sempre più frequente anche in età giovanile, la steatosi epatica può essere del tutto asintomatica o manifestarsi con un vago senso di fastidio o pesantezza al di sotto dell’arcata costale destra. Molto spesso il riscontro è casuale, in quanto una semplice palpazione potrà evidenziare il margine epatico debordante oltre l’arcata costale. In questi casi un’ecografia, esame non invasivo e immediato, mostrerà un fegato “brillante” a causa delle cellule infarcite da accumuli lipidici. Non esiste una terapia specifica, avendo la steatosi un’origine multifattoriale. In particolare, le misure da adottare saranno prima di tutto l’eliminazione dell’alcol, una corretta alimentazione integrata con attività fisica e, nel caso di diabete o altre patologie concomitanti, bisognerà intervenire opportunamente con cure adeguate.
Normalmente si ritiene che in presenza di un fegato “grasso” sia indispensabile escludere drasticamente i lipidi, dimenticando però che il fegato è anche un organo di riserva. Se i grassi vengono esclusi dalla dieta, questa carenza verrà interpretata dall’organo come un motivo in più per stoccarli al suo interno. Come non pensare all’alcolista cronico, magro e denutrito, ma con un fegato fortemente steatosico che si avvia verso la destrutturazione della cirrosi?
Le linee guida bionutrizionali esposte in questo paragrafo riguarderanno i casi di steatosi non complicate, in particolare quelle presenti in soggetti diabetici o con insulino-resistenza periferica, con conseguenti valori glicemici stabilmente al di sopra della norma. In presenza di un eccesso di zuccheri circolanti, la cellula epatica li trasformerà in trigliceridi, accumulandoli poi nel tessuto adiposo, ma anche all’interno di se stessa. Nella maggior parte di questi individui sarà possibile evidenziare uno stato di ipofunzione epatobiliare, che si manifesterà con pesantezza e gonfiore gastrico, a volte reflusso esofageo, digestione lenta e laboriosa, meteorismo e fermentazione intestinale, alternanza di stipsi o diarrea, a volte cefalea di origine epato-digestiva, etc.
Il primo accorgimento nutrizionale riguarderà la gestione oculata del carico glicemico dei pasti, con una quantità non eccessiva di carboidrati, frutta, vino e dolci bilanciata dalla presenza delle proteine della carne, dell’uovo e del pesce, escludendo i derivati del latte, in particolare i formaggi. Questi ultimi avranno molteplici controindicazioni nella steatosi: a) impegno epatobiliare, già rallentato dalla patologia, con il possibilità di sabbia e calcoli della colecisti; b) rischio di aumento del colesterolo ematico; c) rallentamento del transito intestinale; d) aumento della coagulabilità ematica.
Alla regolazione degli zuccheri dovrà corrispondere una programmazione di pasti che esercitino uno stimolo fisiologico ma costante del fegato, attraverso l’utilizzo di alimenti proposti nella modalità ripassata, trifolata, fritta, in pastella, panata o fritta dorata, con una intensità valutata in base alla tollerabilità individuale. Se ben prescritti, dopo il consumo di questi alimenti, il paziente riferirà un miglioramento netto di tutti i suoi sintomi digestivi, espressione di una migliore attività del fegato. Poiché ogni attività biochimica richiede la presenza dell’acqua, agli alimenti stimolanti, bisognerà associare sempre una quota di liquidi sotto forma di acqua di vegetazione presente nelle verdure e nella frutta cruda. Sarà indicato un impiego frequente del peperoncino e di altre spezie e non dovrà mancare lo stimolo dell’acido citrico del limone.